È una tecnica chirurgica rivoluzionaria che grazie alla sua scarsa invasività si è ormai affermata nell’ambito della chirurgia del piede, sostituendo sempre di più le tecniche tradizionali a cielo aperto, anche in virtù dei risultati sbalorditivi e per la rapidità di esecuzione. Inventata negli anni ’90 da Stephen Isham, fondatore dell’Academy of Ambulatory Foot and Ankle surgery, e denominata “M.I.S. (Mini Invasive Surgery), è stata portata in Europa dallo spagnolo Mariano De Prado e quindi sviluppata in particolare dal GRECMIP (Gruppo Ricerche Europeo Chirurgia Mini-invasiva Piede), di cui faccio parte.
Tale metodica permette la correzione dell’alluce valgo, di tutte le deformità dell’avampiede (dito a martello, metatarsalgie, deformità del 5 dito) e di molte altre patologie del piede (sperone calcaneare, etc.) mediante l’uso di piccole frese, simili a quelle odontoiatriche, che attraverso un forellino della cute raggiungono l’osso consentendo resezioni scheletriche ed osteotomie di riallineamento, di solito sotto controllo radioscopico.
Svariati e importanti sono i vantaggi per il paziente:
l’intervento si effettua in anestesia loco-regionale con sedazione superficiale, il che evita l’anestesia spinale o generale ed elimina il dolore sia al momento dell’anestesia che dopo l’intervento, poichè l’uso di anestetici locali a lunga durata permette la totale assenza di dolore per 10-12 ore, e talvolta anche 24 ore. In tal modo il dolore, insorgendo tardivamente, è di intensità minima e facilmente controllabile con farmaci antidolorifici di uso comune.
- contrariamente alla chirurgia aperta, non viene usato il laccio emostatico alla coscia o alla caviglia; l’assenza di pneumoischemia evita danni ai tessuti e soprattutto all’apparato linfo-venoso, riducendo l’edema post-operatorio ed il pericolo di tromboflebiti.
- ’assenza di incisioni chirurgiche visibili, oltre all’implicita valenza estetica, elimina di fatto il pericolo di deiscenze cutanee (cioè che la cicatrice non si chiuda per tempo), una delle complicanze più frequenti della chirurgia aperta, che può a sua volta esitare in infezione. La minima superficie di cute incisa (1-2 mm.) rispetto all’intervento tradizionale contribuisce inoltre a diminuire il dolore, dato che la cute è una struttura anatomica molto algogena.
- il mancato uso di mezzi di sintesi metallici evita possibili intolleranze meccaniche o allergiche, elimina il fastidio dei fili di Kirschner fuoriuscenti dalla cute, riduce il rischio infettivo in tale sede rende il piede calzabile più precocemente ed elimina la procedura di rimozione dei chiodi.
- la ripresa della deambulazione è immediata; subito dopo l’intervento il paziente cammina con apposita calzatura, che fra l’altro ha un appoggio più fisiologico della Talus normalmente usata dopo l’intervento tradizionale; il carico immediato riattiva la circolazione e riduce ulteriormente il rischio di tromboflebiti, accelera in maniera drastica il recupero funzionale e facilita la mobilizzazione delle dita operate.
L’insieme dei succitati vantaggi della tecnica miniinvasiva la rende particolarmente gradita ai pazienti, presso i quali è comunemente conosciuta come “tecnica dei buchini” o “col laser”, e la connota come un effettivo superamento delle tecniche tradizionali a cielo aperto, che comunque continuano ad avere una loro applicazione in particolari casi.
Oggi infine, grazie all’intenso studio su questa pur giovane scienza, siamo ormai arrivati alla terza generazione di tecniche mini-invasive, che consentono risultati superiori rispetto alle osteotomie di prima generazione (vedi il capitolo “Alluce valgo”).