Il piede cavo (P.C.) è caratterizzato da aumentata altezza della volta plantare; possono associarsi griffe delle dita, riduzione della superficie d’appoggio, varismo del calcagno, primitiva o secondaria a pronazione dell’avampiede, metatarsalgie.
È causato spesso da malattie neurologiche eredo-familiari come la “Charcot-Marie-Tooth” caratterizzate da alterata trasmissione degli impulsi sensitivo-motori dei nervi periferici; perciò può essere presente in più individui di una stessa famiglia.
Le forme lievi sono generalmente asintomatiche, salvo che per le deformità delle dita e le metatarsalgie. Le forme più gravi possono provocare fasciti plantari, talloniti, tendiniti achillee, callosità dolorose, difficoltà a calzare scarpe normali, grave deformità e artrosi dolorosa.
Tali forme più gravi si sviluppano dai 5 anni in su: le parti molli e la fascia plantare sono retratte e crescono più lentamente dell’osso, come una corda troppo corta tesa tra tallone e avampiede; la crescita ossea porta all’innalzamento dell’arco plantare.
Tale processo procede sino all’adolescenza, diviene più rapido tra i 12 e 16 anni, e si struttura verso i 18 anni, con la definitiva cuneizzazione delle ossa della volta.
In base alla morfologia distinguiamo:
- Piede cavo anteriore diretto in cui vi è una verticalizzazione simmetrica dell’avampiede;
- Piede cavo antero-interno in cui l’arco interno è più accentuato rispetto a quello esterno a causa dell’equinismo del 1º metatarso: il piede è paragonabile a uno sgabello a tre gambe che avendone una (quella interna) più lunga, si inclina sul lato esterno più corto; questa inclinazione verso l’esterno è detta “supinazione” e comporta la deviazione in varo del calcagno. Se solleviamo il 1º metatarso, correggiamo anche il calcagno.
Piede cavo-anteromediale strutturato in paziente di anni 22: l’equinismo del 1º metatarso comporta l’iperestensione dell’alluce
Il varismo del calcagno, secondario all’equino di M1, scompare quando l’avampiede è in scarico (manovra di Coleman-Andreasi)
Radiografia pre e post-operatoria: osteotomia basale di sollevamento di M1 e contemporaneo intervento di Jones
Il piede operato, paragonato a quello sinistro non ancora trattato, presenta correzione completa dell’equinismo del 1º metatarso, dell’iperestensione dell’alluce e del varismo secondario del calcagno
Come sopra, confronto tra il piede operato (a sinistra) e quello ancora da operare (a destra)
Se viceversa non trattato, il varismo di retropiede peggiora e si struttura; compaiono allora callosità dolorose sia sotto il primo raggio sia sul bordo esterno del piede, instabilità e distorsioni recidivanti della caviglia, infine artrosi dolorosa della sottoastragalica.
Terapia
Negli stadi iniziali possono essere utili i plantari, ma nelle forme evolutive e in quelle strutturate è indispensabile la correzione chirurgica, che prevede spesso più gesti variamente associati tra loro, in base all’età e alla gravità della malattia. Interventi sulle parti molli:
- liberazione plantare secondo Steindler: disinserzione della fascia plantare e dei muscoli inseriti al calcagno per detendere le strutture plantari;
- trasposizioni tendinee medianti le quali restauriamo il bilanciamento muscolare e freniamo l’evoluzione delle deformità (ad es. l’intervento di Jones).
Tempi sulle parti ossee:
- l’osteotomia valgizzante del calcagno (es. l’ostetomia di Dwyer) e le osteotomie mediotarsiche nei pazienti più giovani;
- le resezioni-artrodesi tarsali, come la duplice artrodesi nei pazienti adulti con deformità gravi e artrosiche
- le ostetomie metatarsali e la correzione delle dita in griffe.