L’alluce valgo (A.V.) è una affezione comune soprattutto nelle donne, fonte di dolore ed impossibilità a calzare scarpe normali. Cause predisponenti sono: familiarità, morfotipo (forma) del piede, uso di scarpe inidonee (calzature femminili con tacco alto e punta stretta).
Non sempre l’A.V. è una malattia a sé; talvolta dipende da deformità di retropiede, ginocchio e anca (es. il piede piatto o difetti di rotazione dell’arto); il trattamento va instaurato solo dopo valutazione accurata e corretto inquadramento diagnostico, in modo da adottare la tecnica più idonea.
Oggi infine, grazie all’intenso studio su questa pur giovane scienza, siamo ormai arrivati alla terza generazione di tecniche mini-invasive, che consentono risultati ancora migliori rispetto al passato.
Tecnica percutanea di terza generazione:
Osteotomia di Chevron Percutanea
È un’osteotomia che, pur essendo simile alla tecnica di Austin a cielo aperto, viene effettuata per via percutanea tramite un’unica incisione cutanea di 1 mm, con l’ausilio del fluoroscopio.
La Chevron percutanea, rispetto alle tecniche mini-invasive di prima generazione quali la Reverdin-Isham, ha il sostanziale vantaggio di essere extra articolare: in pratica la fresa lavora al di fuori della capsula articolare, non può provocare danni alla cartilagine articolare e non lascia residui ossei dentro l’articolazione, così il callo osseo di guarigione si forma al di fuori di questa.
Ciò evita l’irrigidimento e la perdita di movimento dell’alluce, che sono le complicanze più frequenti di questa chirurgia; anche il dolore post-operatorio diminuisce ulteriormente, sino a scomparire completamente! Sempre per evitare il formarsi di detriti intra-articolari la tecnica non prevede l’esostosectomia mediale, ossia la “limatura” della sporgenza mediale dell’alluce; la “nocetta” viene semplicemente spostata all’interno dopo l’interruzione ossea a livello del collo metatarsale, cosicchè anche l’estetica del piede è più naturale.
A traslazione avvenuta, abbiamo due possibilità per mantenere la testa metatarsale nella nuova posizione: o tramite il bendaggio post-operatorio, che tiene l’alluce in correzione, oppure mediante una sintesi con una piccola vite in titanio, inserita sempre con accesso percutaneo di 1 mm. Di solito preferiamo quest’ultima soluzione, che ci dà più garanzie sulla stabilità della correzione e ci permette carico e mobilizzazione immediati.
I risultati clinici come detto sono nettamente superiori alla Reverdin-Isham, a cui attualmente la preferiamo: il dolore post-operatorio è pressoché assente, come pure il gonfiore, mentre l’articolarità dell’alluce è molto meno compromessa.
Il piede è da subito asciutto, non vi è infiammazione sull’alluce, il movimento è fluido; laddove la Reverdin-Isham, effettuata ancora dalla quasi totalità dei chirurghi, dà spesso dolore e flogosi per più settimane e soprattutto perdita di articolarità.
La Chevron percutanea non è però applicabile a tutti i pazienti: essa è sconsigliabile quando l’esostosi è troppo grande ed è per lo più controindicata se il 1? metatarso è troppo corto; talvolta è possibile, mettendo in atto opportuni artifici, effettuare comunque l’intervento, ma in altri casi è preferibile scegliere un’altra metodica. Come sempre in chirurgia del piede non è mai possibile standardizzare l’intervento: è il Chirurgo che deve conoscere e scegliere di volta in volta la tecnica più adatta al paziente!
So di ripetermi, ma credo che il consiglio più utile da dare ai pazienti, per evitare brutte sorprese, sia sempre lo stesso: evitate assolutamente di affidarvi a ortopedici che non hanno un bagaglio culturale specifico in Chirurgia del Piede, che conoscono solo un tipo di tecnica e quindi non possono che applicarla indifferentemente a chiunque.
Stesso discorso vale, a mio parere, per quei chirurghi che usano solo ed esclusivamente le tecniche percutanee: spesso sono ortopedici che non hanno familiarità con le tecniche tradizionali aperte, ma ancora peggio non hanno anni di studio e di pratica sul piede, e possono fare grandi danni!
Il vero Chirurgo del Piede sa fare innanzitutto la diagnosi (il che è impossibile se non si conosce la patologia!), ha nel proprio bagaglio scientifico TUTTE le metodiche chirurgiche e sa scegliere quando applicarne una piuttosto che un’altra.
Tecnica di Reverdin-Isham per la correzione dell’alluce valgo
Prevede la correzione del valgismo dell’alluce mediante tre minuscoli accessi cutanei e quattro tempi chirurgici.
Il primo di questi è l’esostosectomia mediale, ossia l’asportazione della caratteristica prominenza (cosiddetta “nocetta”, “cipolla” o “patata”): attraverso un’incisione plantare di pochi millimetri, dopo aver scollato dall’osso i tessuti molli e la capsula, introduciamo una piccola fresa montata su un motore a bassi giri ma di elevata potenza, e “limando” l’osso regolarizziamo il profilo metatarsale eccedente. Tale resezione non deve essere però eccessiva, poiché una resezione troppo abbondante della testa metatarsale può creare danni alla cartilagine articolare.
Il secondo tempo chirurgico rappresenta l’azione più correttiva di tutta la procedura e anche la più difficile da effettuare correttamente.
Consiste nel praticare nella testa metatarsale l’osteotomia distale obliqua di Reverdin – Isham (dagli ideatori di tale procedura), ossia un taglio osseo a forma di cuneo effettuato subito dietro la superficie articolare metatarsale, in modo da riorientarla correttamente; il fine di tale procedura è infatti di correggere l’angolo “PASA” (Proximal Articular Set Angle), che quantifica i gradi di rotazione in valgo della testa di M1.
Il terzo tempo chirurgico consiste nella sezione del tendine dell’adduttore dell’alluce, la cui retrazione è responsabile della deviazione in valgo del dito; tale sezione è effettuata introducendo nell’articolazione una piccolissima lama da bisturi che con un movimento dall’interno all’esterno taglia l’inserzione del tendine alla base della falange.
Segue il quarto e ultimo tempo chirurgico, l’osteotomia di Akin, eseguita con un forellino cutaneo sul dorso del dito, attraverso il quale pratichiamo una osteotomia correttiva sulla prima falange, completando così il perfetto riallineamento del primo raggio.
La durata dell’intervento è di 15-20 minuti.
Al termine pratichiamo un bendaggio che permette al paziente di deambulare immediatamente con apposita calzatura post-operatoria. Dopo una settimana si elimina il bendaggio e si indossa una calza elastica e un separatore per mantenere la correzione.
Vantaggi
- Assenza di dolore post-operatorio
- Procedura ambulatoriale senza ricovero
- Anestesia locale direttamente sul piede
- Assenza di compressioni emostatiche
- Recupero precoce della deambulazione
- Nessuna cicatrice chirurgica visibile
- Minori possibilita’ di complicanze rispetto alla chirurgia aperta
Indicazioni
È indicata in tutte le deformitá caratterizzate da un angolo intermetatarsale IMA (che misura la divergenza tra primo e secondo metatarso) compreso entro i 18 gradi; quindi il 70% circa di tutti gli alluci valghi possono essere corretti con procedura percutanea. Ciò comunque vale per la tecnica originale di Reverdin-Isham, che ha un’azione correttiva sul PASA ma non altrettanto sull’IMA, essendo a cuneo e quindi incompleta: insomma la testa metatarsale ruota, ma non viene spostata. Qualora necessario, con la tecnica percutanea possiamo anche praticare un’osteotomia completa e ottenere anche la traslazione della testa, con correzione dell’IMA: questa modifica permette, entro certi limiti e in mani esperte, la correzione di valgismi anche gravi. Va comunque ribadito che la chirurgia percutanea non è applicabile indistintamente a tutti i piedi: in alcuni casi preferiamo ancora effettuare osteotomie a cielo aperto, tramite incisioni più piccole (mini-open o mini-invasive) e con una sintesi stabile; questo ci permette un miglior controllo dell’osteotomia, che risulterà più precisa, con minori rischi di rigidità e spostamenti indesiderati. Talvolta nello stesso paziente facciamo correzioni sia percutanee sia mini-open, secondo la deformità e anche in base alle richieste funzionali del paziente, diverse tra una donna sportiva di 20 anni e una di 70! Insomma secondo noi ci sono casi in cui le tecniche percutanee sono controindicate, perché possono provocare conseguenze indesiderate. Questo è un rischio che si può correre se ci si rivolge a medici che non sono veri chirurghi del piede: essi non avendo esperienza di tutte le tecniche chirurgiche, compreso quelle tradizionali aperte, operano indistintamente tutti i pazienti con tecnica percutanea, in una “catena di montaggio” alquanto discutibile. Nella chirurgia dell’avampiede si ottengono oggi risultati eccellenti sia con la chirurgia percutanea sia con quella aperta mini-invasiva, sempre che il chirurgo sia in grado di fare le scelte giuste.
Alcune cose utili da sapere
La tecnica percutanea mini invasiva di Reverdin-Isham non va scambiata con altra tecnica anch’essa percutanea conosciuta come PDO o Kramer-Bosh, comunemente detta “tecnica del ferretto”, che a nostro avviso presenta inconvenienti importanti (possibile infezione cutanea nel punto di entrata del filo metallico; rigidità dell’alluce dovuta al fatto che esso non può essere mobilizzato per 5 settimane per la presenza del filo metallico; possibili spostamenti indesiderati della testa metatarsale con gravi conseguenze e deformità post-operatorie).
Va inoltre sottolineato che la tecnica percutanea viene eseguita con frese motorizzate simili a quelle di tipo odontoiatrico, ma assolutamente non con il laser!