L’alluce valgo (A.V.) è un’affezione comune soprattutto nelle donne, fonte di dolore ed impossibilità a calzare scarpe normali.
Cause predisponenti sono: familiarità, morfotipo (forma) del piede, uso di scarpe inidonee (calzature femminili con tacco alto e punta stretta).
Non sempre l’A.V. è una malattia a sé; talvolta dipende da deformità di retropiede, ginocchio e anca (es. il piede piatto o difetti di rotazione dell’arto).I disturbi consistono inizialmente nell’arrossamento cutaneo in corrispondenza della esostosi mediale (cosiddetta “nocetta” o “cipolla”; tale arrossamento è provocata dalla pressione e dall’attrito della tomaia della scarpa contro la cute.
Qualora tale pressione anomala perduri nei mesi o addirittura negli anni, viene a crearsi una borsite: in pratica viene a formarsi del liquido infiammatorio contenuto in una borsa sierosa posta tra la cute e la sporgenza ossea dell’esostosi. Questa borsa esiste normalmente sull’alluce e serve a fare scorrere la cute sull’osso sottostante, ma in condizioni normali è uno spazio virtuale, mentre quando si forma la borsite esso si riempie di liquido infiammatorio.
Un errore da non commettere in questo caso è quello di aspirare la borsite o di praticare infiltrazioni col cortisone, come purtroppo capita quando ci si rivolge a medici non esperti.
Tali pratiche sono assolutamente inutili, perché la borsite si riformerà inevitabilmente a causa della persistenza dell’attrito dell’esostosi contro la scarpa, e sono anche dannose perché possono portare a infezione della borsa per penetrazione di germi, che possono poi contaminare l’osso sottostante con gravi conseguenze.
Quindi inutili e dannosi sono i tentativi di “pulire” la callosità effettuate dal paziente, da estetiste malaccorte o peggio ancora da podologi poco professionali: anche questi tentativi sono destinati a fallire e possono innescare infezioni all’alluce.
L’unico trattamento corretto in caso di borsite mediale è la correzione chirurgica dell’alluce valgo, dopo la quale la borsite scompare da sola in quanto è stata eliminata la sporgenza ossea che la provocava. Identico discorso vale per le callosità che si formano sulle dita a martello.
scomparsa della borsite a soli due mesi dall’intervento mini-invasivo
Scomparsa della borsite e della callosità sul 2° dito a martello a soli due mesi dall’intervento mini-invasivo. (N.B: a questa paziente erano state praticate inutilmente una decina di infiltrazioni per aspirare la borsite…).
Altro disturbo lamentato dai pazienti anche nelle fasi iniziali dell’Alluce Valgo è il dolore.
Questo può dipendere da vari fattori anatomo-patologici.
A volte, nelle fasi più precoci, quando la deformità in valgo del dito non si è ancora pienamente evidenziata, è un dolore riferito come un “fastidio” o come una specie di “addormentamento” o di “corrente” che si irradia dalla “nocetta” verso la parte mediale del dito.
Questo tipo di disturbo si definisce in medicina come “algo-parestesia” e dipende dalla compressione di un piccolo nervo sensitivo , il nervo dorso-mediale dell’alluce, che passando proprio sopra l’esostosi, rimane schiacciato tra la scarpa e l’oso sottostante. Tale parestesia è particolarmente frequente nelle forme anche del tutto iniziali di alluce valgo-rigido, in cui si forma un piccolo sperone osseo dorsale detto osteofita (tipico dell’alluce rigido), che va a spingere sotto il nervo.
Quando poi l’alluce valgo evolve e si aggrava, allora compare spesso un dolore più propriamente articolare, che dipende dallo stiramento del legamento collaterale mediale: è il legamento teso in sede mediale tra la testa del 1° metatarso e la base della falange dell’alluce, e serve esattamente a impedire la deviazione in valgo del dito.
Ma quando i fattori biomeccanici che provocano il valgismo hanno il sopravvento sulle capacità di tenuta meccanica del legamento, esso viene ripetutamente stressato e quindi allungato oltremisura, generando un dolore anche molto forte, che persiste anche di notte e a riposo.
Poi accade una cosa strana: all’improvviso dopo un lasso variabile di tempo questo dolore scompare spontaneamente. Questo accade quando il legamento si rompe definitivamente per cedimento, e quindi non provoca più dolore da tensione. Ma questa non è una cosa del tutto positiva, anzi! Infatti è vero che il paziente non ha più dolore, e dopo qualche anno per lo più si scorda persino di averlo avuto… Però da questo momento, non essendoci più il legamento collaterale a contrastare la deviazione laterale del dito, ecco che il valgismo all’alluce inizierà ad aggravarsi sempre di più, sia pur tante volte senza dolore, anche per tanti anni.
Questo ci dà uno spunto per capire l’utilità del dolore come fattore neuro-fisiologico di difesa! Serve ad avvisarci che qualcosa di dannoso si sta verificando, perché possiamo ovviarci.
Infatti veniamo qui a trattare di un fenomeno molto diffuso nell’Alluce Valgo evolutivo, anche grave, ossia il fatto che spesso risulti a lungo asintomatico, ossia non provochi di per sé dolore, dopo una prima fase magari invece dolorosa.
Ho visitato centinaia di pazienti che al momento della visita esordiscono il loro racconto (quasi un gesto di sfida..) con queste parole: “Dottore, ho l’alluce valgo, ma non mi dà alcun disturbo!!” In realtà, se poi le interroghi bene, ti dicono che si, forse, in precedenza gli ha fatto male ma poi è passato; che in effetti devono mettere una scarpa di uno o due numeri più grande; che purtroppo devono andare tutti i mesi dall’estetista per togliere le callosità; che hanno appunto una dolorosissima callosità dorsale sul secondo dito a martello, callosità che magari si è pure ulcerata; che hanno callosità e dolore sotto la pianta del piede che gli impedisce di camminare a lungo; che hanno il famigerato “neuroma di Morton”; e così via.
In realtà noi sappiamo che questo atteggiamento “negazionista”, lungi dall’essere un gesto di sfida, è un mettere le mani avanti, quasi sempre dettato dalla paura inconscia che la paziente ha di sentirsi dire le fatidiche parole: “Signora, dobbiamo operare l’alluce!” (come tutti i negazionisti, negano perché si rifiutano più o meno inconsciamente di accettare la realtà..)
Quello che in realtà bisogna capire è che il discorso “l’alluce è storto ma non mi fa male” è un discorso sbagliato, perché ignora quella che è la funzione biomeccanica principale dell’alluce, che è la funzione propulsiva, ossia la capacità di spinta dell’alluce contro il terreno nel momento in cui siamo sulla punta del piede. Durante questa fase, detta “fase digitigrada”, il peso di tutto il nostro corpo grava interamente sui pochi centimetri quadrati dell’avampiede che toccano il terreno! Non solo: è l’alluce che in condizioni normali, nella fase terminale della spinta (fase di “toe off”), è incaricato di sopportare l’80% e più di tutto il peso del nostro corpo!
Perciò più correttamente dovremmo definire l’alluce valgo come “alluce valgo insufficiente”!
Ora possiamo capire cosa succede quando l’alluce si deforma in valgo: semplicemente non riesce più ad esplicare il suo lavoro di spinta durante la marcia; così il peso del corpo si sposta di lato alle dita centrali, provocando un sovraccarico metatarsale e quindi la metatarsalgia. Inoltre l’alluce spingendo lateralmente e in alto il secondo dito, provoca il dito a martello.
Secondo e terzo dito a martello secondari all’alluce valgo. Nella foto a destra lo stesso paziente dopo correzione mini-invasiva percutanea
Ecco allora che la deformità del 1° dito, anche se “asintomatica”, ha in realtà provocato callosità dolorose sotto la pianta e sulle “nocche” delle dita, che inevitabilmente si aggravano e finiscono con l’impedire l’uso delle scarpe.
Alluce valgo “non doloroso” che provoca borsite mediale, dita a martello e callosità plantari da metatarsalgia: il risultato è un piede non calzabile e dolente con scarpe normali.
Quindi, tornando alla nostra paziente che afferma “l’alluce non mi ha mai dato alcun disturbo”, capiamo come questa affermazione sia fuorviante!
Anche se il valgismo del dito di per sé non è sintomatico, in realtà provoca nel tempo tutta una serie di conseguenze biomeccaniche a cascata che dipendono in realtà in buona parte dal valgismo: le dita a martello, la metatarsalgia, il neuroma di Morton, etc.
Anche per tale motivo difatti vediamo troppo spesso pazienti che arrivano alla nostra osservazione con avampiedi totalmente distrutti, con dita ormai lussate, con l’osso che tocca per terra sotto la pianta, con callosità ulcerate inutilmente e colpevolmente trattate per anni da callisti/estetiste/podologi/ortopedici “tuttologi”: e qui mi fermo per evitare di dire cose spiacevoli..!
E troppo spesso sono costretto a operare pazienti ultraottantenni (anche di 90 anni!) che si sono portate per decenni deformità sintomatiche e progressivamente aggravatesi talvolta in modo spaventoso, quando avrebbero potuto evitare di soffrire inutilmente per tanti anni operandosi prima.
Purtroppo talvolta la paura nei pazienti (“l’alluce valgo si deve operare il più tardi possibile, perché poi ritorna”, “finché non fa male non va toccato”) viene instillata non solo dal vicino di casa o dai conoscenti, ma anche dai Medici di Base o addirittura da ortopedici, evidentemente digiuni di nozioni di chirurgia del piede.
Pertanto è a mio avviso completamente da rifiutare il concetto che “l’alluce valgo si deve operare il più tardi possibile” e altre amenità simili; credenza del tutto sconfessate dai brillanti risultati ottenuti con le tecniche da noi adottate, che sono affidabili e prive di sostanziali complicanze, in linea con quanto riportato dalle casistiche aggiornate della Letteratura Scientifica.
Il trattamento va instaurato solo dopo valutazione accurata e corretto inquadramento diagnostico, in modo da adottare la tecnica più idonea.
La cura è essenzialmente chirurgica: il cosiddetto “divaricatore notturno” e la fisioterapia servono a poco.
L’intervento va fatto non per motivi “estetici” ma se vi sono disturbi o per prevenire un aggravamento: ad es. nell’A.V. giovanile che conviene correggere precocemente; o quando l’alluce tende a “sollevare” il 2º dito, deformandolo “a martello” e causando metatarsalgia.
I timori riguardo all’intervento (che sia molto doloroso, che la deformità si riformi) oggi sono infondati: l’intervento è eseguito in anestesia periferica, il dolore post-operatorio è ben controllato (molti pazienti si stupiscono di aver sofferto poco o di non aver sofferto affatto); il paziente cammina dal giorno stesso dell’intervento con apposita scarpa; dopo un mese indossa scarpe da ginnastica, dopo altri 15 giorni calzature normali, a 3 mesi può riprendere lo sport ed il ballo. L’intervento può essere effettuato anche in persone anziane.
Le recidive sono pressoché scomparse, grazie all’uso delle nuove tecniche (osteotomie distali) che non si limitano a togliere la “cipolla” e ritensionare i tessuti “allentati” come si faceva in passato, ma correggono la deformità a livello osseo, in modo da ottenere un restringimento trasversale dell’avampiede e migliore calzabilità.
Per sintetizzare le osteotomie usiamo microviti che non sporgono dall’osso e non richiedono successiva rimozione.
Da oltre dieci anni adoperiamo anche le nuove tecniche miniinvasive percutanee, che danno ottimi risultati, a patto che vengano usate nei casi in cui vi è la giusta indicazione e non indiscriminatamente. Infatti secondo noi è sbagliato usare un unico tipo di intervento standardizzato per tutti i pazienti, mentre è più corretto scegliere opportunamente la tecnica chirurgica che si adatta al singolo caso, nel rispetto della multiformità dei quadri clinici.