Oggi Parliamo di… Perché operare il piede piatto
Breve storia clinica di un piede piatto infantile bilaterale.
Ovvero: l’evoluzione spontanea di un piede piatto non operato.
Spesso quando propongo l’intervento chirurgico per un piede piatto in un bambino, la prima reazione dei genitori è comprensibilmente di paura e quindi di rifiuto.
In realtà l’intervento di Calcaneostop che io effettuo da oltre venti anni sia nel bambino che nell’adolescente e nel giovane adulto è un intervento complessivamente sicuro, che non mi ha mai dato effetti collaterali significativi, ma che viceversa ha quasi sempre portato a una buona correzione della deformità e alla complessiva soddisfazione del bambino …e dei genitori.
Ma quello che spesso sfugge ai genitori è che questo intervento ha non solo un effetto correttivo sulla deformità presente in quel momento, ma ha soprattutto una importantissima azione PREVENTIVA sul possibile futuro aggravamento di un piattismo non trattato, che spesso porta poi a un piede piatto doloroso dell’adulto, con gravi ripercussioni sia sull’avampiede (alluce valgo, metatarsalgia, dita a martello), ma anche sul retropiede (artrosi tarsale, tenosinovite e rottura del tendine del tibiale posteriore).
Tutto ciò è prevenibile con un semplice intervento fatto in età infantile o giovanile!
Vi voglio allora parlare di un “bellissimo” caso clinico: bellissimo perché riguarda l’evoluzione di un piede piatto non operato che ho rivisto poi a distanza di 15 anni!
Questo bambino aveva un piede piatto bilaterale e io nel 2001 lo avevo operato al piede sinistro all’età di sei anni con Calcaneostop e ritensionamento mediale: il risultato era stato ottimo, il piede si è ben corretto, la volta plantare si è riformata, e il dolore preesistente è scomparso.
Vedi gallery (clicca per ingrandire):
Per motivi che non ricordo, il bambino però non si è voluto operare all’altro piede e l’ho in seguito perso di vista.
Ebbene il paziente è tornato da me all’età di 21 anni, perchè da oltre un anno lamentava dolore generalizzato e di grado elevato al piede destro, quello non operato: di fatto non riusciva più a camminare da mesi. Il piede sinistro operato 15 anni prima stava benissimo…
Confesso che mi ci è voluto del tempo per capire esattamente l’origine del dolore, perché il piede era totalmente deformato e il dolore riguardava più distretti anatomici contemporanemente!
In pratica, pur avendo solo 21 anni, aveva già una iniziale artrosi della articolazione sottoastragalica, causata dal valgismo del calcagno, una grave tenosinovite del tendine del tibiale posteriore con finanche una rottura di un legamento interno (il legamento calcaneo-scafoideo plantare) che sostiene la volta plantare: e tutto questo gli dava forte dolore al retropiede.
Ma in realtà aveva grave deformità e dolore anche all’avampiede che, come si vede dalla foto, a causa del piattismo era cresciuto “supinato”, cioè non parallelo al suolo, col primo raggio sollevato dal pavimento. Questa supinazione dell’avampiede ha portato col tempo ad una flessione compensatoria progressiva dell’alluce e delle dita, che per toccare il suolo dovevano per forza venire piegate “ad artiglio” in maniera innaturale.
Clinicamente ciò si traduceva in un forte dolore su tutto l’avampiede, che si aggiungeva a quello del mesopiede e del retropiede.
A complicare il già complesso quadro clinico è poi sopraggiunta una grave algodistrofia, cioè una osteoporosi locoregionale con disturbi neurovascolari, dovuta al fatto che il paziente deambulava da anni sul dolore, e la madre era disperata perché da anni aveva provato tutti i tipi di plantari, fisioterapie, infiltrazioni, senza alcun miglioramento, anzi con un progressivo peggioramento.
Quindi capirete che non è stato per nulla facile per me capire cosa fare, e l’ho dovuto visitare almeno un paio di volte per capirci qualcosa, visto che aveva dolore in TUTTO il piede: ma non si può operare TUTTO il piede!
Il piede sinistro operato 15 anni prima è normale; quello destro non operato è gravemente piatto, l’avampiede supinato e le dita in griffe. Nell’es. radiografico è visibile artrosi della sottoastragalica e grave disassetto retro-avampodalico.
Per prima cosa ho trattato l’algodistrofia con scarico assoluto del piede per due mesi, campi elettromagnetici pulsati e terapia endovena con fiale di Nerixia.
Una volta guarita l’algodistrofia, è iniziato il lungo iter chirurgico.
Ho dapprima corretto il grave piattismo effettuando una osteotomia di medializzazione del calcagno per correggere il valgismo del retropiede, allungando contemporaneamente il tendine di Achille.
Poi ho effettuato una artrodesi scafo-cuneiforme mediale per ricreare e stabilizzare la volta plantare mediale, riportando in basso il 1° metatarso. Durante questo secondo intervento ho anche suturato le lesioni che si erano create nel tendine del tibiale posteriore e nel legamento calcaneo-scafoideo plantare, lesioni dovute al cedimento della volta plantare. L’intervento ha richiesto 45 giorni di gesso senza carico e un altro mese di carico parziale.
Sutura del leg. Calcaneo-Scafoideo Plantare
Dopo la guarigione dei suddetti interventi (che hanno portato alla risoluzione del fortissimo dolore al calcagno e alla parte interna della volta plantare) ho trattato la metatarsalgia residua e la griffe delle dita con un intervento percutaneo che ha finalmente portato (dopo sei mesi!) a un piede finalmente plantigrado (cioè parallelo al suolo), indolente e morfologicamente uguale al sinistro.
Che se il paziente si fosse operato di calcaneostop anche all’altro piede all’età di 7-8 anni, sarebbe cresciuto con un piede normale, il piede non si sarebbe progressivamente deformato e si sarebbe risparmiato poi, a 21 anni, tre interventi chirurgici che lo hanno tenuto fermo per ben oltre sei mesi: e deve anche ringraziare il cielo di aver trovato sulla sua strada un chirurgo esperto che ha saputo inquadrare clinicamente i problemi e risolverli in progressione, senza fare danni!
Quindi ricordate: