In presenza di grave artrosi o artrite reumatoide della caviglia sino a non molti anni fa l’unica soluzione era l’artrodesi (blocco) della stessa. Pur restando l’artrodesi una valida e talvolta indispensabile opzione, oggi fortunatamente disponiamo di una affascinante alternativa quale la protesi di caviglia.
Come per l’anca e il ginocchio, l’intervento consiste nella resezione economica delle superfici articolari e nell’impianto di due componenti metalliche contrapposte nella tibia e nell’astragalo, con l’interposizione di una componente polietilenica (una plastica speciale) che permette il reciproco movimento.
Esistono vari modelli, sempre più sofisticati e rispettosi dell’anatomia e della biomeccanica articolare; siamo ormai arrivati alla terza generazione di protesi, e la cosiddetta curva di sopravvivenza (cioè la durata media della protesi) supera ormai i 12 anni.
Il vantaggio reale della protesi rispetto all’artrodesi è che, preservando il movimento, dà più autonomia al paziente ed evita l’insorgenza a distanza di sovraccarico dei distretti articolari a monte e a valle (ginocchio e piede).
Per tale motivo, qualora esista già un’artrosi delle articolazioni del piede, o se il paziente è già portatore di protesi del ginocchio, è meglio impiantare una protesi di caviglia anziché fare l’artrodesi.
Purtroppo non sempre si può mettere la protesi: essa è controindicata in caso di pregresse infezioni ossee locali, di necrosi dell’astragalo, paralisi degli attivatori muscolari della caviglia, diastasi tibio-peroneale.
Affinchè la protesi duri nel tempo è fondamentale inoltre la corretta tensione e l’isometria dei legamenti periastragalici; perciò se c’è lassità legamentosa o malallineamento di oltre 25-30º della caviglia, oltre ad impiantare la protesi bisogna fare contemporaneamente dei gesti chirurgici correttivi alquanto complessi (ricostruzioni legamentose e osteotomie tibiali o calcaneari).
Una controindicazione relativa è la giovane età del paziente: in ogni caso egli va informato che dopo 10-15 anni la protesi può mobilizzarsi, con necessità di un nuovo intervento.